Articolo che Campania Felix, una bella rivista dalla breve esistenza (una ventina di numeri pubblicati tra il 1996 ed il 1998), dedicò alle gole del Calore ed agli amanti del trekking.
Il corso delle argentee acque fluviali del Calore, che si
incunea nei pressi dell'abitato di Felitto (in provincia di Salerno), offre uno
tra i paesaggi più suggestivi e spettacolari dell'intero Cilento; in
particolare di quel Parco Nazionale del Cilento-Vallo di Diano ancora poco
conosciuto e per certi versi ancora intatto. Felitto (286 m), che ci accoglie
con austera fierezza dall'alto del suo sperone roccioso, è un naturale
baluardo che si erge sulla stretta gola ove scorrono, impetuose, le acque del
fiume Calore. Arroccato su di un colle calcareo, la Rupe di San Nicola,
l'abitato domina a strapiombo la valle fluviale. Lungo le stradine, racchiuse
tra i bastioni della vecchia cinta muraria, è ancora possibile scorgere i
resti di portali in pietra che restituiscono angoli suggestivi ricchi di antiche
memorie. Nelle immediate vicinanze dell'antico ponte medievale che collegava gli
abitati di Felitto e Castel San Lorenzo, parte la traccia di un sentiero che
penetra subito nel cuore della montagna, mantenendosi a mezza costa e
articolandosi lungo la sinistra orografica della forra. Uno spettacolo di rara
bellezza si apre ai nostri occhi: ambienti selvaggi e incontaminati, dove il
suono tonante delle acque fa da sottofondo ai richiami degli uccelli che
volteggiano sulle nostre teste. In alto, invece, si profilano le pareti rocciose
su cui è arroccato l'abitato di Felitto. Tutti questi elementi questo
è il naturale della lontra, che qui vive indisturbata, libera e protetta.
Spostandosi fuori dell'abitato, una stradina che scende giù, verso
destra, conduce dopo poco, a una località indicata come Remolino, una
modesta radura ciottolata lungo le sponde del fiume. Nelle vicinanze vi è
un'area attrezzata per il picnic ed una fontana; luogo ideale per fare il bagno,
canoa fluviale e dove è possibile, per coloro che amano il trekking in
piena autonomia, montare la tenda per trascorrere la notte. Da qui parte il nostro itinerario ed in breve giungiamo a un
piccolo sbarramento, una diga posta alla confluenza tra il fiume stesso ed il
Fosso Remolino (182 m); un alveo torrentizio che si apre sulla sinistra. Poco più avanti sulla sponda opposta parte la traccia di
un piccolo sentiero che in breve conduce alla grotta (o cella) detta di Bernardo
(sicuramente una laura di origini basiliane): questa pista non va assolutamente
presa! Il nostro cammino prosegue, invece, oltre la diga e continua portandosi
sulla destra orografica della gola, lungo un sentiero abbastanza frequentato che
penetra a mezza costa nella selvaggia natura che caratterizza la forra. In alto,
sulla sinistra; si ergono le articolate creste ammantate di vegetazione boschiva
del monte Ceglie (602 m); mentre sulla destra si parano i costoni meridionali
dello Scanno del Mezzogiorno (740 m), alture calcaree che nascondendo questa
gola hanno contribuito nel corso dei secoli a mantenere integro ed intatto il
suo particolare habitat. Qui la natura diviene protagonista assoluta e numerose
sono le specie di infiorescenze che s'incontrano lungo il sentiero come l'aglio
ursino; la valeriana e l'orchidea provincialis (una specie selvatica).
Più avanti la traccia del sentiero (236 m) quasi impraticabile per via
della fitta vegetazione che lo circonda; diventa sufficientemente percorribile
grazie al tracciato della pista reso evidente dal transito degli animali.
Intorno notevoli sono le presenze dell'erica, delle felci e dei pungitopo che si
alternano a piante di cristo (bianco e rosso) e di laconito (dai fiori blu).
Lungo il sentiero, se si è attenti osservatori si riescono ad individuare
le tracce della faina che lascia i segni del suo passaggio e
delimita,così, anche il suo territorio, oppure le zolle di terreno
rimosso che sono quelle del cinghiale che scava per trovare insetti. Il sentiero
è ammantato da foglie di edera e di lauroceraso, e alla base di grossi
tronchi di frassino e carpino bianco non è difficile individuare le tane
scavate dal tasso. Proseguendo in questa suggestiva vallata, proprio al centro
della gola (238 m), parte una piccola deviazione (un breve tratto su rocce
piuttosto difficoltoso) che scende in basso a destra e conduce al cosiddetto
ponte di Pietra Tetta (del tetto). Qui gigantesche pietre sono franate in epoche
remote, incastrandosi proprio al centro della gola e le cui superfici sono
state, per secoli, modellate e levigate dalle acque che scorrono impetuose
durante le piene. Dopo aver visitato il labirinto di Pietra Tetta, si prosegue
nella fitta vegetazione del bosco, dove il sole difficilmente riesce a penetrare
il folto fogliame. Il leccio giovane detto dai elice o ilice (dall'antico Ilex),
alterna alle tortili radici dei tronchi più vecchi, mentre il sottobosco
è ricco di bacche di mirto e bulbi di giglio selvatico; e non sono rari
esemplari di olmo e orniello. Nel tratto più impervio della gola (274 m) si trovano
sulla sinistra gli strapiombi calcarei della Rupe Rossa (798 m), mentre sulla
destra si profilano le creste boscose della Costa di Magliano (389 m). Dopo
quest'ultimo ed impegnativo passaggio, mentre aumenta la pendenza del sentiero,
si sale mantenendosi sempre sulla sinistra (ripidissimo versante coperto di erbe
scivolose e di ghiaioni: fare molta attenzione). Camminando, ci si accorge che
all'improvviso la gola termina proprio nel punto di massima impennata; là
dove la vegetazione poco alla volta va diradandosi offrendo vedute lungo il suo
tratto a monte. Un ultimo sforzo lungo un tratto ghiaioso piuttosto in pendenza
ci conduce a ridosso di un sentiero che aggira la Costa di Magliano; dall'alto
di questa terrazza panoramica è possibile scorgere, all'opposto imbocco
della gola del fiume Calore, l'antico ponte medievale ad arco (schiena d'asino),
costruito interamente in pietra tra due verdeggianti sponde fluviali agevolando
il collegamento pedonale, per lunghi secoli, tra gli antichi borghi di Magliano
e Felitto; sullo sfondo si profila la mole del monte Motola (1700 m). Guadagnato il costone, il nostro cammino incrocia una sterrata.
Si prende ora a salire lungo questa pista carrareccia che porta ad un primo
crinale (seminati e macchia) passando accanto a casali e masserie isolate tra
campi e frutteti. Qui, tra pozze d'acqua sorgiva e piccoli stagni; si può
incontrare l'Ululone dal ventre giallo; un anfibio che se toccato sotto la
pancia, irrita l'epidermide. La carraia ora s'immette su una stradina presso
contrada Riorci (376 m); tutt'intorno campi di grano e la sulla, una pianta
foraggifera dalle colorate infiorescenze, presente in tutti quei paesi che
affacciano all'interno del bacino mediterraneo. Si prosegue sulla sinistra in
direzione nord-est e una breve discesa porta nuovamente nei pressi della fonte
Remolino, punto finale di questo emozionante e non facile circuito che
attraversa uno dei luoghi più incantevoli dell'intero
Cilento.