Tra ripide rocce ed acque impetuose. Le gole di Felitto
di Andrea Perciato
CAMPANIA FELIX anno II, n. 15, luglio/agosto 1997

Articolo che Campania Felix, una bella rivista dalla breve esistenza (una ventina di numeri pubblicati tra il 1996 ed il 1998), dedicò alle gole del Calore ed agli amanti del trekking.

Il corso delle argentee acque fluviali del Calore, che si incunea nei pressi dell'abitato di Felitto (in provincia di Salerno), offre uno tra i paesaggi più suggestivi e spettacolari dell'intero Cilento; in particolare di quel Parco Nazionale del Cilento-Vallo di Diano ancora poco conosciuto e per certi versi ancora intatto. Felitto (286 m), che ci accoglie con austera fierezza dall'alto del suo sperone roccioso, è un naturale baluardo che si erge sulla stretta gola ove scorrono, impetuose, le acque del fiume Calore. Arroccato su di un colle calcareo, la Rupe di San Nicola, l'abitato domina a strapiombo la valle fluviale. Lungo le stradine, racchiuse tra i bastioni della vecchia cinta muraria, è ancora possibile scorgere i resti di portali in pietra che restituiscono angoli suggestivi ricchi di antiche memorie. Nelle immediate vicinanze dell'antico ponte medievale che collegava gli abitati di Felitto e Castel San Lorenzo, parte la traccia di un sentiero che penetra subito nel cuore della montagna, mantenendosi a mezza costa e articolandosi lungo la sinistra orografica della forra. Uno spettacolo di rara bellezza si apre ai nostri occhi: ambienti selvaggi e incontaminati, dove il suono tonante delle acque fa da sottofondo ai richiami degli uccelli che volteggiano sulle nostre teste. In alto, invece, si profilano le pareti rocciose su cui è arroccato l'abitato di Felitto. Tutti questi elementi questo è il naturale della lontra, che qui vive indisturbata, libera e protetta. Spostandosi fuori dell'abitato, una stradina che scende giù, verso destra, conduce dopo poco, a una località indicata come Remolino, una modesta radura ciottolata lungo le sponde del fiume. Nelle vicinanze vi è un'area attrezzata per il picnic ed una fontana; luogo ideale per fare il bagno, canoa fluviale e dove è possibile, per coloro che amano il trekking in piena autonomia, montare la tenda per trascorrere la notte.

Da qui parte il nostro itinerario ed in breve giungiamo a un piccolo sbarramento, una diga posta alla confluenza tra il fiume stesso ed il Fosso Remolino (182 m); un alveo torrentizio che si apre sulla sinistra.

Poco più avanti sulla sponda opposta parte la traccia di un piccolo sentiero che in breve conduce alla grotta (o cella) detta di Bernardo (sicuramente una laura di origini basiliane): questa pista non va assolutamente presa! Il nostro cammino prosegue, invece, oltre la diga e continua portandosi sulla destra orografica della gola, lungo un sentiero abbastanza frequentato che penetra a mezza costa nella selvaggia natura che caratterizza la forra. In alto, sulla sinistra; si ergono le articolate creste ammantate di vegetazione boschiva del monte Ceglie (602 m); mentre sulla destra si parano i costoni meridionali dello Scanno del Mezzogiorno (740 m), alture calcaree che nascondendo questa gola hanno contribuito nel corso dei secoli a mantenere integro ed intatto il suo particolare habitat. Qui la natura diviene protagonista assoluta e numerose sono le specie di infiorescenze che s'incontrano lungo il sentiero come l'aglio ursino; la valeriana e l'orchidea provincialis (una specie selvatica). Più avanti la traccia del sentiero (236 m) quasi impraticabile per via della fitta vegetazione che lo circonda; diventa sufficientemente percorribile grazie al tracciato della pista reso evidente dal transito degli animali. Intorno notevoli sono le presenze dell'erica, delle felci e dei pungitopo che si alternano a piante di cristo (bianco e rosso) e di laconito (dai fiori blu). Lungo il sentiero, se si è attenti osservatori si riescono ad individuare le tracce della faina che lascia i segni del suo passaggio e delimita,così, anche il suo territorio, oppure le zolle di terreno rimosso che sono quelle del cinghiale che scava per trovare insetti. Il sentiero è ammantato da foglie di edera e di lauroceraso, e alla base di grossi tronchi di frassino e carpino bianco non è difficile individuare le tane scavate dal tasso. Proseguendo in questa suggestiva vallata, proprio al centro della gola (238 m), parte una piccola deviazione (un breve tratto su rocce piuttosto difficoltoso) che scende in basso a destra e conduce al cosiddetto ponte di Pietra Tetta (del tetto). Qui gigantesche pietre sono franate in epoche remote, incastrandosi proprio al centro della gola e le cui superfici sono state, per secoli, modellate e levigate dalle acque che scorrono impetuose durante le piene. Dopo aver visitato il labirinto di Pietra Tetta, si prosegue nella fitta vegetazione del bosco, dove il sole difficilmente riesce a penetrare il folto fogliame. Il leccio giovane detto dai elice o ilice (dall'antico Ilex), alterna alle tortili radici dei tronchi più vecchi, mentre il sottobosco è ricco di bacche di mirto e bulbi di giglio selvatico; e non sono rari esemplari di olmo e orniello.

Nel tratto più impervio della gola (274 m) si trovano sulla sinistra gli strapiombi calcarei della Rupe Rossa (798 m), mentre sulla destra si profilano le creste boscose della Costa di Magliano (389 m). Dopo quest'ultimo ed impegnativo passaggio, mentre aumenta la pendenza del sentiero, si sale mantenendosi sempre sulla sinistra (ripidissimo versante coperto di erbe scivolose e di ghiaioni: fare molta attenzione). Camminando, ci si accorge che all'improvviso la gola termina proprio nel punto di massima impennata; là dove la vegetazione poco alla volta va diradandosi offrendo vedute lungo il suo tratto a monte. Un ultimo sforzo lungo un tratto ghiaioso piuttosto in pendenza ci conduce a ridosso di un sentiero che aggira la Costa di Magliano; dall'alto di questa terrazza panoramica è possibile scorgere, all'opposto imbocco della gola del fiume Calore, l'antico ponte medievale ad arco (schiena d'asino), costruito interamente in pietra tra due verdeggianti sponde fluviali agevolando il collegamento pedonale, per lunghi secoli, tra gli antichi borghi di Magliano e Felitto; sullo sfondo si profila la mole del monte Motola (1700 m).

Guadagnato il costone, il nostro cammino incrocia una sterrata. Si prende ora a salire lungo questa pista carrareccia che porta ad un primo crinale (seminati e macchia) passando accanto a casali e masserie isolate tra campi e frutteti. Qui, tra pozze d'acqua sorgiva e piccoli stagni; si può incontrare l'Ululone dal ventre giallo; un anfibio che se toccato sotto la pancia, irrita l'epidermide. La carraia ora s'immette su una stradina presso contrada Riorci (376 m); tutt'intorno campi di grano e la sulla, una pianta foraggifera dalle colorate infiorescenze, presente in tutti quei paesi che affacciano all'interno del bacino mediterraneo. Si prosegue sulla sinistra in direzione nord-est e una breve discesa porta nuovamente nei pressi della fonte Remolino, punto finale di questo emozionante e non facile circuito che attraversa uno dei luoghi più incantevoli dell'intero Cilento.