L'oasi di Remolino laboratorio di ecoturismo
di Giuseppe Liuccio
CASAPARCO anno I, n. 2, settembre 1998

Un contributo dall'allora neonata rivista pubblicata dall'Ente Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.

Nel silenzio assorto di un meriggio d'autunno tiepido, hai paura finanche di parlare per non profanare il regno di ninfe e satiri, gnomi e fate che di sicuro popolano gli anfratti segreti dei boschi.

Sono venuto fin quassù, ai margini estremi di una rupe protesa nell'abisso, dopo aver centellinato storia e tradizioni del paese antico su per il reticolo dei vicoli, tra palazzi gentilizi con stupendi portali in pietra viva con tanto di stemma di famiglia a corona del castello turrito e della Chiesa Madre, sbocciata per miracolo di arditezza architettonica su un avamposto di pietra con sagrato e porticato aperto ai venti e agli slarghi panoramici della valle con limiti sfumati all'orizzonte.

E quelle schegge di roccia ricamate da ciuffi di mortella e barricate di fichidindia cariche di sole compatto nella gradazione rosso-viola dei frutti, narrano, nell'affabulare lento, garbato e coinvolgente di qualche esperto di storia locale, di Greci e Lucani, di Romani e Longobardi, di duchi e marchesi, di signori e popolo, di università e cittadini, di eventi straordinari e di cronaca minuta, nello snocciolarsi di storia secolare del borgo.

Sono a Felitto per una escursione da brividi di piacere nell'Oasi di Remolino. "E' l'ultima nata della nostra organizzazione - afferma con orgoglio Antonio Canu, responsabile nazionale Oasi del Wwf ed autorevole e competente membro del Consiglio del Parco del Cilento con questa struttura abbiamo acceso i riflettori su un altro tesoro del Parco, che può offrire agli appassionati della natura un angolo di inestimabile pregio ambientale".

E un sorriso di soddisfazione gli si stampa sul viso aperto ed espressivo.

Ha ragione da vendere Antonio Canu. C'è, infatti, da incantarsi alla vista delle gole orride e bellissime in quel miracolo della natura sul Calore tra Felitto e Magliano.

La montagna spaccata rovescia sul letto del fiume una colata lavica di verde intenso, cresciuto nel corso dei secoli sulle fiancate dei monti nell'intricato alternarsi di lecci e querce, ontani e cerri, carpini e lentischi, eriche e ginestre.

E nel silenzio assorto di un meriggio d'autunno tiepido, hai paura finanche di parlare per non profanare il regno di ninfe e satiri, gnomi e fate che di sicuro popolano gli anfratti segreti dei boschi. Il fiume scorre lento e sembra immobile, per movimentarsi soltanto alla esibizione guizzante delle trote o alla processione fantasiosa dei girini.

Se hai pazienza e reggi l'attesa, tra gli intensi profumi di muschio, mentuccia, roselline selvatiche, finocchio di campo e mortelle, puoi imbatterti nell'apparizione della lontra che in questo fiume ancora intatto nella sua verginità naturale ha trovato il suo habitat ideale. Mal che ti vada puoi sempre provare l'ebbrezza di una escursione guidata, a cura di efficienti e professionali rappresentanti del Wwf.

O, meglio ancora, puoi avventurarti negli slalom da canoa fino a quella cascata spumeggiante che gorgheggia e traluce d'argento nello slargo di una vallata attrezzata a picnic con sullo sfondo la rupe ruinante di Felitto.

E di gente ce n'è tanta, soprattutto nel weekend.

Se ce ne fosse ancora bisogno, l'Oasi di Remolino, a ridosso della provinciale che s'inerpica verso Laurino e Piaggine con sullo sfondo la cima dei Cervati, dimostra a chiare lettere in ogni stagione che la più volta invocata "via dello ecoturismo" è quella giusta per rianimare economicamente, ma non solo, le zone interne del Cilento.