Sul tetto della Campania 
di Giampiero Indelli
AIRONE, n. 72, aprile 1987

Si tratta, probabilmente, della prima comparsa di Felitto su riviste specializzate dedicate agli amanti della natura.(Grazie a Rita per il materiale fornito).

Nell'immaginario degli italiani la parola Cilento viene immancabilmente associata a una sequenza di calette sabbiose, villaggi di pescatori e falesie precipiti nel mare. Ma c'è un Cilento sconosciuto, quello autentico, fatto di aspre montagne e remoti boschi, che è rimasto sino a ieri un "buco nero"; un mondo dimenticato, uno dei tanti che costellavano la geografia dell'Italia meridionale, via via svelati e contaminati dall'incalzare dei "tempi moderni". I quali, nel nostro caso, sono stati tenuti a distanza dall'aura sacra di questi nonti, intimidatori nel loro arcaico splendore, e si sono dovuti per ora accontentare di infestarne i confini.

Superati gli avamposti che la ricostruzione ha disseminato dopo il terremoto dell''80 lungo tutto l'asse della statale 166, il monte Cervati, cuore roccioso del Cilento, presenta subito il suo biglietto da visita: l'orrido di Felitto, uno strapiombo dominato dall'omonimo borgo, in fondo al quale serpeggia limpido il Calore, che sul massiccio ha le sue sorgenti. La gola, impercorribile se non da canoisti particolarmente audaci, mette subito in chiaro la qualità decisamente "hard" del fascino di questo universo montano. Caratteristica riaffermata dal selvaggio bosco dello Scaravello, sulla riva destra del fiume: uno dei più estesi boschi di cerro della Campania. E sancita dal paesaggio che si apre dopo Laurino, tipico paese del Sud arroccato su un colle, oggi sulla buona strada per diventare un campionario di scempi architettonici. (...)